La costruzione di un primo fortilizio risale alla metà del XIV secolo: la struttura viene edificata fra il 1361 e il 1363 per volontà del cardinal legato Egidio Carrilla de Albornoz sulle rovine della cattedrale romanica intitolata a Santa Maria Popiliense e del vescovado; essa viene indicata, in alcuni documenti dell’epoca, con il nome di Salvaterra, a evocare la semplice funzione svolta a presidio del territorio e a protezione della piccola comunità sopravvissuta alla distruzione della città perpetrata dalle truppe pontificie nel 1360. Nel 1379 Sinibaldo Ordelaffi, divenuto signore di Forlimpopoli per concessione del pontefice Urbano VI,
continua a leggere
opera la prima trasformazione del fortilizio in una rocca vera e propria. Fra il 1471 e il 1480 Pino III Ordelaffi avvia un intervento che conferisce alla struttura la mole e l’aspetto attuali, intervento che viene completato sotto le signorie di Gerolamo Riario e di Caterina Sforza. La nuova fortificazione risulta caratterizzata da possenti bastioni rinforzati da una muratura a scarpa, da quattro torrioni angolari a sezione quadrata (successivamente, con l’evolversi delle tecniche e delle armi da combattimento, questi vengono incamiciati entro una muratura a sezione circolare) e, in ultimo, da un ampio fossato che corre lungo i quattro lati della Rocca (di cui oggi si conservano solo i tratti orientale e meridionale). Successivamente il fortilizio passa sotto il dominio di Cesare Borgia, dei Rangoni e, fra il 1535 e il 1578, degli Zampeschi. Sotto la signoria degli Zampeschi - dapprima con Antonello, quindi con Brunoro II - il complesso vive il momento di suo massimo splendore; perduta oramai la sua funzione militare-difensiva, viene trasformato nella sede di una corte ‘principesca’. Concessa in enfiteusi, all’inizio del XVII secolo, al cardinale Aloisio Capponi, di nobile famiglia fiorentina e al tempo Arcivescovo di Ravenna, la rocca si avvia a un lento, inesorabile declino. Con l’arrivo dei Francesi in Romagna nel 1797, l’edificio viene requisito e ceduto alla nuova Municipalità che qui trasferisce la sede del Comune. Nel frattempo, a partire dalla seconda metà del Settecento, il complesso è oggetto di significative modifiche: in seguito all’abbattimento delle mura urbiche, vengono interrati alcuni tratti del fossato (lati nord e ovest); sono aperti, sul prospetto occidentale della Rocca, quattro archi che ne collegano la corte interna con la nuova piazza cittadina che verrà intitolata, nel 1885, a Giuseppe Garibaldi; e viene abbattuto il mastio, oramai pericolante, di cui resta memoria a tutt’oggi solo attraverso alcune antiche rappresentazioni della città. In tempi recenti un importante intervento di recupero, avviato nel 1970 e concluso nel 1990, ha restituito il complesso al suo antico decoro. Attualmente nell’ala settentrionale hanno sede gli uffici comunali; nell’ala orientale, al primo piano, si trova l’ampia sala a doppio volume riservata alle sedute del Consiglio Comunale: qui si conserva il più antico stemma in pietra della città di Forlimpopoli, risalente alla metà del XVII secolo. Lungo la parete orientale si apre la piccola cappella palatina, edificata nel XVI secolo, dedicata all’Eucarestia; sono tuttora visibili gli affreschi dell’inizio del XVII secolo che rappresentano: Il pane degli Angeli sulla volta, La caduta della manna sulla parete destra e Il profeta Elia sulla parete sinistra; in quest’ultima raffigurazione si è voluto riconoscere l’intervento del pittore ravennate Francesco Longhi (1544-1618). All’interno della stessa sala è custodito anche il grande telo istoriato del Teatro comunale, realizzato dal pittore forlimpopolese Paolo Bacchetti (1848-1886) e raffigurante la distruzione di Forlimpopoli e l’ingresso del cardinal legato Egidio Carrilla de Albornoz nella città. Nell’ala meridionale della Rocca trova spazio il piccolo ma grazioso Teatro comunale, oggi intitolato a Giuseppe Verdi. Insediato già nel 1821 all’interno del salone d’onore della Rocca, esso viene ampliato e ammodernato su progetto dell’architetto bertinorese Giacomo Fabbri fra il 1878 e il 1882. L’impiego di ‘moderne’ armature in ferro per la realizzazione dei solai e di esili colonnine in ghisa a sostegno dei due ordini di gallerie, rispose, all’epoca, alla duplice esigenza di ottenere "una costruzione solidissima" dal punto di vista strutturale e, al contempo, "la massima leggerezza" e ariosità dal punto di vista estetico; questo fa sì che ancora oggi il piccolo teatro di Forlimpopoli costituisca un unicum nel vasto panorama delle strutture legate allo spettacolo, sorte in Romagna nel corso dell’Ottocento. All’interno della sala una lapide, il cui testo è stato redatto dal poeta Olindo Guerrini, rievoca la celeberrima incursione della banda del Passatore nella notte del 25 gennaio 1851.
riduci